Il Comune come ente amministrativo autonomo nacque poco prima dell'Unità d'Italia, con il nome di Viadagola, la cui sede era presso una settecentesca villa sita in via Viadagola. 
Il primo Sindaco del Comune di Viadagola fu Lodovico Gherardi (23 Marzo 1860), al quale succedette Francesco Nannetti, che restò in carica dal 1863 al 1865.
Dal 1 novembre 1860 il Comune, che fino a quel momento era stato un Municipio itinerante, trovò la sua sede presso abitazioni private a Granarolo dell'Emilia, frazione emergente per popolazione e per aggregati di case, in quanto il baricentro della vita produttiva si stava spostando sulla via San Donato, grazie anche alla ferrovia Bologna-Malalbergo.
Nel 1871 fu deliberato l'acquisto di uno stabile, l'attuale palazzo municipale, funzionale alle esigenze dell'Amministrazione. 
Questa scelta portò nel 1875 a chiedere il cambiamento della denominazione, in seguito all'autorizzazione Regia dell'11 ottobre 1875, a partire dal 1876 il Comune assunse la nuova denominazione di Granarolo dell'Emilia.
Fortemente provato dalle due guerre mondiali del secolo scorso, Granarolo dell'Emilia ha vissuto in modo molto dinamico il secondo Novecento, contraddistinguendosi per uno sviluppo economico e una crescita demografica che ne hanno trasformato profondamente l'identità storica. 
Dal 1995 Granarolo dell’Emilia si fregia del titolo di Città.


I Sindaci dal 1946 a oggi:
  • Walter Mengoli, dal 1946 al 1952
  • Ugo Tassinari, dal 1952 al 1956
  • Antonio Cinti, dal 1956 al 1974
  • Zeno Zonarelli, dal 1974 al 1985
  • Gino Bergonzoni, dal 1985 al 1992
  • Alessandro Ricci, dal 1992 al 2004
  • Loretta Lambertini, dal 2004 al 2014
  • Daniela Lo Conte, dal 2014 al 2019
  • Alessandro Ricci, in carica dal 2019


Nella primavera del 2020, in piena emergenza sanitaria da Covid-19 durante gli scavi per la realizzazione del parcheggio di un nuovo supermercato lungo la via San Donato, sono emersi reperti molto interessanti che risalgono alla prima età del ferro, cioè circa al nono-ottavo secolo avanti Cristo. Sono i resti, con ogni probabilità, di un abitato di età villanoviana. 
Gli studi sul materiale rinvenuto potranno presto dare ulteriori informazioni ma questa è l’ennesima conferma che, sotto la Granarolo attuale, sotto i campi coltivati e gli insediamenti urbani, esistono tracce importanti che si perdono indietro nei secoli.
I segni della presenza umana in epoca romana nella campagna granarolese sono ancora ben evidenti nella centuriazione, il sistema di viabilità e confini ortogonali che delimitava gli appezzamenti coltivati. Nei campi, poco sotto il livello dell’aratura, ci sono i resti di quasi un centinaio di case coloniche abitate un tempo da ex legionari e contadini romani. 
Nel nostro territorio c’è tanto da scoprire e di già scoperto, come conferma la dott.ssa Annalisa Capurso, funzionario archeologo della Soprintendenza per l’area di Terre di Pianura. “Buona parte del territorio di Granarolo e di Castenaso si trova su piccoli rilievi, tecnicamente detti alti morfologici, che da almeno 3.000 anni sono stati preservati da alluvioni – spiega Capurso -. Questo ha fatto sì che le tracce archeologiche siano più superficiali e meglio conservate che altrove. In particolare, nell’area a fianco della via San Donato è stata trovata parte di una palizzata con travi e pali che delimitava un insediamento e segni evidenti della presenza di capanne villanoviane. Abbiamo trovato anche i resti di otto pozzi che attingono a una falda ancora esistente, buche con materiali di scarto di lavorazione, ossa di animali e tracce di carbone. Tra i manufatti anche un attrezzo in osso ricavato dal palco di corna di un cervo. 
Quello che ci conferma questo ritrovamento è che fin dall’antichità Granarolo è sempre stato un distretto a vocazione agricola e commerciale. Non molto tempo fa abbiamo identificato sul territorio sepolture villanoviane e altre indagini sono in corso non molto lontano dalla San Donato. 
Tra le ville romane ritrovate ce ne sono alcune con pavimenti mosaicati e sono state recuperate moltissime monete dell’epoca, alcune molto rare, che vorremmo presto mostrare in un catalogo da realizzare insieme al Comune. 
Ad oggi non esiste ancora alcun sito archeologico visitabile a Granarolo. “Stiamo lavorando a una mappatura del patrimonio emerso fino ad ora – aggiunge Capurso -. Ci sono anche rinvenimenti superficiali che sarebbero ben accessibili, perciò non si può escludere che in futuro ci possano essere siti archeologici visitabili, oltre che un luogo dove esporre le testimonianze del passato della terra di Granarolo”. 

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Granarolo, cittadina agricola posta nella prima cinta di confine con Bologna, è sempre stata fonte di nutrizione: “granaio” per la città (da qui il suo nome) e, dalla seconda metà del ‘900, produttrice di latte. 

"La via Lattea" è un percorso cicloturistico realizzato nel 2015 grazie ad un progetto - vincitore del Concorso "Io amo i beni culturali" (IBC 2015) - che ha coinvolto più di 120 studenti delle scuole medie e superiori residenti nel Comune.

Il latte e la sua storia sono stati valorizzati come bene culturale, produzione agroalimentare caratteristica del territorio, in un percorso a 10 tappe che di seguito raccontiamo.

1. LA PRIMA SEDE DELLA COOPERATIVA GRANAROLO, VIA ROMA 33-37

Il percorso parte nel centro di Granarolo dell’Emilia, di fronte all’attuale complesso scolastico situato in via Roma 30, dove, il 21 giugno 1957, nasceva il Consorzio bolognese produttori latte (Cbpl). È questa la prima sede della cooperativa (oggi abbattuta per fare posto al complesso residenziale dei civici 33-35-37), dove iniziò a essere raccolto il latte prodotto nelle fattorie dei mezzadri delle campagne circostanti. In quello stesso periodo stavano nascendo nella zona del bolognese molte altre imprese cooperative. La concorrenza nel settore lattiero era forte, ma il latte di Granarolo, come fu subito chiamato, riuscì a guadagnare quote di mercato facendo appello alla qualità del prodotto e alla simpatia umana sia dei produttori sia dei rivenditori. Nel corso degli anni Sessanta i soci della cooperativa aumentarono moltissimo e il 22 novembre 1965 fu inaugurato il nuovo stabilimento in via Cadriano 27/2, nel comune di Bologna, che è ancora la sede di quello che oggi è uno dei più grandi Gruppi cooperativi agroalimentari italiani.

PER ARRIVARE ALLA TAPPA SUCCESSIVA: Percorrete via Roma verso la via San Donato, che attraversate, procedete per qualche centinaio di metri, fino ad allontanarvi dal centro abitato, e prendete la prima strada a sinistra, che accede ai nuovi complessi residenziali, mantenendo la denominazione via Roma, e conduce in via Ghiaradino, dove, procedendo a destra per poche centinaia di metri, arrivate alla fattoria Quaiotto.

2. UNA STALLA PRODUTTRICE LATTE GRANAROLO, VIA GHIARARDINO 24/35


Il territorio granarolese, che pure ha mantenuto un legame molto stretto con le attività dell’attuale Gruppo Granarolo, non è l’unico luogo nel quale viene raccolto il latte per la produzione aziendale. Naturalmente molto è cambiato dagli anni della fondazione della cooperativa: nuovi standard di produzione si sono imposti, mentre le leggi dell’Unione Europea stabiliscono le caratteristiche che deve possedere un’azienda agricola che operi nei Paesi dell’Unione. La stalla della fattoria Quaiotto è un esempio di moderno luogo di allevamento e produzione e ancora oggi conferisce latte alla Granarolo per la lavorazione dei prodotti certificati Alta qualità.

Se i Quaiotto sono nella stalla, non vi negheranno la possibilità di dare un’occhiata, e di rispondere alle vostre domande e curiosità.

PER ARRIVARE ALLA TAPPA SUCCESSIVA: Riprendete via Ghiaradino fino alla San Donato e vi trovate in piazza del Popolo, di fronte al Municipio.

3. PIAZZA DEL POPOLO, GRANAROLO CENTRO

La Granarolo faticò a conquistare il mercato del latte bolognese, che era molto competitivo. A Bologna, il latte venduto nelle latterie proveniva prevalentemente da imprese agguerrite che cercavano di impedire con ogni mezzo la crescita della cooperativa, abbassando i propri prezzi per battere la concorrenza e utilizzando anche espedienti al limite della legalità per mettere in dubbio la qualità del prodotto Granarolo. La risposta strategica della cooperativa fu semplice, ma efficace. In un periodo di forte spopolamento delle campagne verso la città molti contadini inurbati aprivano botteghe di frutta e verdura o latterie. Era un’attività congeniale, perché i legami con i parenti rimasti in campagna permetteva un approvvigionamento costante e a buoni prezzi. In queste botteghe si accoglieva con simpatia e interesse il latte della Granarolo, prodotto da contadini in lotta con il patronato e con l’azienda privata. Fondamentale era l’apporto delle massaie che, uniche depositarie del lavoro domestico e della spesa quotidiana, entravano nelle latterie esigendo latte Granarolo. Senza contare che la cooperativa si mobilitava e solidarizzava con la gran parte delle battaglie sindacali operaie del vicino capoluogo bolognese: nelle fabbriche occupate o nel corso degli scioperi il furgone della Granarolo non mancava mai con il suo latte da offrire ai manifestanti. Queste iniziative furono accompagnate dall’attività di promozione che la cooperativa svolgeva nelle piazze della città e dei comuni rurali. Il potere di questa rete sociale e di solidarietà animata da donne fu talmente forte che alcuni rivenditori furono costretti ad acquistare il latte della cooperativa per non perdere le vendite.

PER ARRIVARE ALLA TAPPA SUCCESSIVA: Aggirate il Municipio e, sul retro, imboccate la ciclabile che costeggia via Irma Bandiera e affianca gli impianti sportivi, e arrivate in fondo; quando la strada vi costringe a voltare, andate a sinistra, fra le recenti costruzioni di via dello Sport 27-29 troverete una stradina di accesso ad un macero.

4. I MACERI, VIA DELLO SPORT 27-29

Fino alla seconda metà del ’900 questa zona della campagna bolognese si contraddistingue per attività molto diverse da quelle che poi si diffusero con la nascita della cooperativa, quando il latte diventò risorsa di primo piano. Per secoli la lavorazione della canapa era stata una risorsa importante e traccia di questa storia è rimasta nella presenza di maceri: piccoli bacini artificiali usati per la macerazione. La pianta, seminata in marzo e raccolta ad agosto, veniva utilizzata in questo modo: i fusti, lasciati essiccare per qualche giorno, erano posti su zattere fatte affondare nell’acqua con il peso di pesanti sassi. I fasci venivano poi recuperati, lasciati asciugare e di nuovo lavorati fino alla fase della tessitura (domestica o industriale).

PER ARRIVARE ALLA TAPPA SUCCESSIVA: Rimettetevi sulla via Roma, direzione Cadriano, e percorrete circa un chilometro, dopo avere oltrepassato un vivaio, sulla destra, subito prima del canale di bonifica Zenetta di Quarto, c’è una via d’accesso alle abitazioni, in parte sterrata, che prosegue la denominazione di via Roma. Questa strada taglia una stalla sociale dismessa.

5. LA STALLA SOCIALE, VIA ROMA

Le stalle sociali sorsero negli anni Settanta: mettendo in comune l’allevamento del bestiame e dandolo in gestione a personale specializzato si pensava di alleggerire la famiglia contadina, per la quale seguire la stalla era un grande impegno che non consentiva mai l’allontanamento dal podere. Tuttavia questa forma di impresa non diede i risultati sperati, precipitando in una crisi senza ritorno negli anni Ottanta. Uno dei problemi principali era che tali strutture erano meno elastiche e non esprimevano la stessa capacità di cura nei confronti degli animali allevati che avevano i produttori agricoli, che trattavano gli animali come membri della famiglia con più consapevolezza dei loro bisogni e del loro valore.

PER ARRIVARE ALLA TAPPA SUCCESSIVA: Procedete su questa strada, fino ad arrivare alla Trasversale di Pianura, all’altezza di via Guglielmo Marconi, sulla quale vi immettete verso sinistra, per voltare subito a sinistra e imboccare via Cadriano.

6. CASOLARI TIPICI, VIA CADRIANO 94 E 90

In casolari come questi, disseminati su tutto il territorio, abitavano e lavoravano famiglie di mezzadri che conducevano la battaglia per il conferimento della quota latte alla cooperativa, osteggiato dai proprietari agrari che volevano continuare a vendere tutto il latte all’industria privata, dal momento che il contratto a mezzadria qualificava solo il proprietario come produttore di latte. Per superare questo conflitto e conquistare il mercato, i soci cooperatori iniziarono a promuovere la validità del progetto cooperativo e la qualità della produzione Granarolo. Nelle aie dei poderi si organizzavano riunioni per sensibilizzare i produttori ad una sempre maggiore igiene. Iniziarono le visite dei consumatori allo stabilimento e le prime Feste del latte, strumenti promozionali capaci di creare un clima di fiducia e simpatia attorno al latte Granarolo. Il progetto di crescita della cooperativa e di conquista di un mercato dominato dall’industria privata si identificava anche con il desiderio di emancipazione dei ceti popolari, che combattevano per i diritti nelle lotte sindacali di quegli anni. I soci della cooperativa crebbero a dismisura, tanto che negli anni Settanta le assemblee sociali si svolgevano al Palazzo dello sport di Bologna per contenere tutti i partecipanti.

Nel tempo, alcuni casolari contadini abbandonati dal flusso migratorio dei ceti agricoli verso la città, nella speranza di un lavoro che consentisse condizioni di vita migliori, sono stati ristrutturati, in modo da conservare la traccia dell’impianto architettonico originario.

PER ARRIVARE ALLA TAPPA SUCCESSIVA: Raggiungete la rotatoria di via Cadriano e riprendete via Roma, svoltando alla prima uscita sulla destra. Dopo qualche centinaio di metri, sulla sinistra, troverete una casa colonica.

7. L’ULTIMO MEZZADRO, VIA ROMA 107

Ai tempi della nascita della cooperativa la mezzadria era il modo più diffuso di condurre la terra in gran parte della pianura Padana. La mezzadria è un contratto agrario in cui il proprietario assegna al coltivatore un podere nel quale vivere e lavorare con la propria famiglia. L’uno e l’altro partecipano all’attività dividendo spese di gestione e reddito. Proprio la divisione delle quote era spesso all’origine di scontri fra le parti: gli affittuari ritenevano ingiusto un contratto che non permetteva il riscatto della proprietà e già nel primo dopoguerra ci furono molte lotte che si riacutizzarono fra gli anni Quaranta e Cinquanta del ’900, quando molti mezzadri rivendicarono l’esproprio delle terre. Nella zona del granarolese gli scontri si radicalizzarono attorno al conferimento delle quote della produzione lattiera alle cooperative. Tuttavia, non tutti i contadini solidarizzarono con la cooperativa Granarolo, poiché lo scontro assunse una marcata connotazione politica per cui alcuni preferirono aderire allo schieramento dei proprietari terrieri.

Anche se il contratto di mezzadria oggi non esiste più, in questo casolare fino al 2016 un agricoltore ha condotto la propria attività seguendo con la proprietaria del suo podere le regole di ripartizione di un tempo, ormai definitivamente scomparso.

La costruzione conserva un impianto architettonico originario, con il corpo destinato ad abitazione della famiglia coltivatrice del fondo, e un nucleo a parte per la stalla e il fienile.

PER ARRIVARE ALLA TAPPA SUCCESSIVA: Procedete su via Roma verso la strada Statale Porrettana e imboccate la prima strada a sinistra che costeggia il canale, via Golena di Savena, che è in parte sterrata.

8. LA PIANTATA BOLOGNESE, VIA GOLENA DI SAVENA

I bovini, da sempre presenti sul territorio, sono stati per secoli utilizzati esclusivamente come animali da tiro per lavorare la terra. Il loro latte era una risorsa aggiuntiva, di cui si servivano le famiglie contadine per autoconsumo. La vendita, non rara, era però molto difficoltosa a causa della veloce deperibilità della materia prima, in tempi in cui non esistevano sistemi efficaci di refrigerazione. Per secoli il bue resta animale destinato ai lavori pesanti; in questa fase la campagna bolognese possedeva una propria fisionomia: la delimitazione di alcune tenute si fissava con le piantate, filari di alberi (olmi, aceri campestri, pioppi) che servivano da sostegno vivo per la vigna. I campi erano lavorati secondo la sistemazione alla bolognese, con leggero ingobbamento per favorire il deflusso dell’acqua. L’agricoltura meccanizzata novecentesca ha dato un diverso aspetto a questa porzione di territorio pianeggiante e ha portato alla scomparsa di molti filari di piantata, oggi visibili solo in alcuni tratti del paesaggio, come quello che si intravede in lontananza guardando verso sinistra nel primo tratto di via Golena.

PER ARRIVARE ALLA TAPPA SUCCESSIVA: Percorsa tutta questa strada, dove vi imbatterete nel piccolo oratorio seicentesco di Santa Maria della Rovere che merita una breve sosta (è la prima costruzione che incontrate), arriverete nella zona industriale di Cadriano, che dovrete zigzagare (svoltate a destra in via Buozzi, poi a sinistra in via Costa, poi ancora a destra in via Massarenti), procedendo verso il parco del Verdevolo, e imboccando via Ferrari.

9. LE RESIDENZE PADRONALI, VIA FERRARI 16

Villa Nanni è un esempio di dimore di proprietà dell’aristocrazia terriera della zona. L’edificio padronale è una costruzione lineare col tetto a due falde, inserito in un bel giardino di conifere con grandi esemplari di latifoglie. La torre colombaia aveva originariamente forme elaborate, probabilmente nell’800 sostituite da un neogotico torrioncino a chiusura scenografica del giardino romantico sul retro.
In dimore signorili come queste risiedevano i proprietari terrieri che, negli anni Cinquanta del ’900, preferivano conferire tutto il latte prodotto nei propri poderi (anche quelli concessi a mezzadria) agli industriali privati. Nella fase iniziale della cooperativa Granarolo i mezzadri rivendicarono la libertà di scegliere in autonomia a chi conferire la loro parte di prodotto, ma i patti agrari assegnavano solo ai proprietari il titolo di produttori di latte, attribuendo ai conduttori il ruolo di semplice mungitore. Fu una vera e propria lotta: la polizia sequestrò il camion di raccolta latte della cooperativa; in risposta i mezzadri organizzarono cortei di biciclette e, caricando ognuno il proprio bidone, portarono ugualmente il latte alla cooperativa. Queste manifestazioni ottennero la solidarietà dell’opinione pubblica, finché anche la legge decretò la libertà dei mezzadri di decidere in autonomia a chi conferire la loro quota di latte.

PER ARRIVARE ALLA TAPPA SUCCESSIVA: Tagliate la via Cadriano e, procedendo verso sinistra, prendete a destra via Gandolfi, dove costeggerete l’Azienda agraria universitaria, immettendovi in via Viadagola verso sinistra, e imboccando subito via Calabria Vecchia che troverete sulla destra.

10. LA CENTURIAZIONE, VIA CALABRIA VECCHIA

A Granarolo dell’Emilia i primi insediamenti romani risalgono al II sec. a. C.: la zona fu completamente bonificata, deforestata e disboscata per fare posto al “granaio” (da cui appunto il nome Granarolo) della vicina Bononia. Tracce delle antiche suddivisioni della centuriazione si possono notare nelle strade minori che spesso conservano un percorso a zig zag con curve a 90°. I Romani, infatti, avevano un particolare sistema per organizzare il territorio agricolo: le terre venivano suddivise mediante un reticolo di strade parallele e perpendicolari poste alla distanza fissa di 2400 piedi (pari a circa 710 metri) e fiancheggiate da profondi fossi che facevano da confine. Ogni quadrato così definito veniva a sua volta suddiviso in 100 appezzamenti di 71 metri di lato (da cui il termine centurie).

PER ARRIVARE ALLA TAPPA SUCCESSIVA: A questo punto potete giungere alla Granarolo latte percorrendo via Badini, via Frabazza, girate a sinistra in via Chiesa Calamosco, a destra in via Santa Maria, e arrivate sulla via Cadriano a fianco dello storico stabilimento.

11. STABILIMENTO GRANAROLO LATTE, VIA CADRIANO 27/2 (BOLOGNA)

Il Gruppo Granarolo costituisce oggi la più importante filiera italiana del latte. L’unica nella quale l’intero processo è controllato e gestito in collaborazione con i produttori, che attualmente sono collocati in tutto il Paese. Oggi il gruppo possiede 12 stabilimenti in Italia, 3 all’estero e lavora 8,5 milioni di quintali di latte all’anno. Per effettuare una visita allo stabilimento consultare il sito: http://gruppogranarolo.it/

PER ARRIVARE ALLA TAPPA SUCCESSIVA: Se voleste poi procedere fino al Museo della civiltà contadina, magari facendo tappa in uno dei numerosi Bed and Breakfast o Agriturismo della zona, vi segnaliamo qualche elemento di interesse sul percorso. Tornando verso Granarolo dell’Emilia, al numero 3 della via Cadriano granarolese si trova l’azienda Caber.

12. GIARDINO CABER, VIA CADRIANO 3

L’azienda Caber, produttrice di insaporitori e spezie, possiede un giardino delle erbe. Campo di sperimentazione con piante aromatiche tipiche del Mediterraneo.http://www.caber.org/CABER_IlGiardino.php

PER ARRIVARE ALLA TAPPA SUCCESSIVA: Proseguendo per via Cadriano, trovate altre ville padronali, come villa Mignani Boselli, che rimane sulla destra subito fuori dal centro abitato di Cadriano.

13. VILLA BOSELLI, CADRIANO

Villa Boselli, ora Mignani, costruita a fine '500 è un edificio dal corpo compatto a grande parallelepipedo con tetto a quattro spioventi. Tipica del periodo è la loggia passante alla quale si accede da sud con una breve scala a due rampe ed un portone a profilo bugnato, mentre sul lato opposto la casa si apre a un belvedere a tre arcate che riconduce al livello della campagna. La villa è famosa anche perché a metà dell’’800 vi abitò per alcuni anni il bolognese Marco Minghetti (ministro delle Finanze e Primo ministro nei primi governi dopo l’Unità d’Italia) che qui condusse sperimentazioni di conduzione agricola.

PER ARRIVARE ALLA TAPPA SUCCESSIVA: Percorrendo tutta la via Cadriano, attraversando la Trasversale e imboccando via Chiesa, incontrate, in via Savena Abbandonato, villa Fibbia.

14. VILLA FIBBIA, VIA SAVENA ABBANDONATO

Villa Fibbia, ora Sapori, è situata in una bella posizione della campagna granarolese, in località Fibbia di Lovoleto. Si tratta di un classico esempio di casa padronale dove risiedevano i proprietari terrieri della zona. Oltre alla villa di residenza, sono presenti la casa colonica annessa e una “conserva” (o ghiacciaia), antica struttura che serviva per conservare i prodotti alimentari.

PER ARRIVARE ALLA TAPPA SUCCESSIVA: Riprendendo via Chiesa, fino a Lovoleto, attraversando la Ferrarese e imboccando via Larghe, entrate nel territorio di Bentivoglio, dove incrociate via di Mezzo di Saletto, che dovete imboccare a destra. Arrivate in un piccolo centro abitato, da dove, seguendo le indicazioni, potete raggiungere il Museo della civiltà contadina in poco tempo.

15. MUSEO DELLA CIVILTÀ CONTADINA, ISTITUZIONE VILLA SMERALDI, CITTÀ METROPOLITANA DI BOLOGNA, VIA SAN MARINA, BENTIVOGLIO

Nell’ottocentesca Villa Smeraldi è ospitato dal 1973 il Museo della civiltà contadina. Oltre 2000 mq di esposizione e 4 ettari di parco offrono una testimonianza unica sul lavoro e la vita nelle campagne bolognesi fra ’800 e ’900. Per la visita e ogni altra informazione consultare il sito: http://www.museociviltacontadina.bo.it/

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Il libro curato da Francesca Bocchi e Rolando Dondarini
Nel libro "Un granaio per la città - uomini e vicende di Granarolo" (Editrice Compositori), curato da Francesca Bocchi e Rolando Dondarini, contiene uno scrigno della nostra vita e delle nostre radici, che racchiude tratti distintivi che ancora oggi caratterizzano il presente e si proiettano con sguardo sicuro verso il futuro. La prima edizione, che risale al 1989, si conclude con la ricostruzione del periodo della Liberazione nel 1945. La nuova edizione del 2003 è stata integrata con un capitolo che prosegue dal 1945 ai giorni nostri, che consente di fare "un cammino di conoscenza, di riscoperta, di approfondimento di un momento della storia che ha segnato la nostra terra, la sua gente e che ci ha permesso di vivere oggi in un paese libero."
Il libro "Granarolo dell'Emilia, dalla liberazione a oggi", curato da Carlo De Maria e Tito Menzani, è frutto di una ricerca che si è posta l’obiettivo di indagare i tempi e i modi dei mutamenti che hanno interessato Granarolo dell'Emilia dalla Liberazione ad oggi, con particolare attenzione alle istituzioni locali, al tessuto sociale, all’economia, alla costruzione dei servizi di welfare e ad alcuni tra i principali protagonisti di questa fase storica.

A partire dalle fonti d’archivio, dalle testimonianze orali e da una ricca documentazione di carattere statistico, si sono volute individuare le direttrici essenziali del percorso evolutivo di questa porzione di territorio. Facendo luce su aspetti di storia locale ad oggi sconosciuti, per ricondurli a dinamiche di carattere più generale – e per questo interessanti anche per chi non è di Granarolo –, si è inteso costruire un racconto del passato che non ha solo l’ambizione di descrivere, ma anche di spiegare i mutamenti che hanno condotto all’assetto odierno.

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La storia della Resistenza a Granarolo dell’Emilia è una vicenda esemplare per la continuità fra le diverse generazioni dell’antifascimo; il legame fra lotta armata e difesa delle condizioni sociali delle campagne, che rende possibile l’azione partigiana in territori apparentemente impraticabili; l’importanza dell’azione di massa e della protesta civile, che si affianca al lavoro clandestino; il ruolo centrale delle donne, come collante delle diverse forme di lotta; l’esperienza originale e unitaria delle Squadre d’Azione Patriottica e del loro radicamento popolare; l’unità delle forze politiche negli organi dirigenti.

Paola Furlan "La Resistenza di Granarolo: donne e uomini di pianura nella lotta di liberazione 8 settembre 1943-21 aprile 1945" (Quaderni della Biblioteca I)

I caduti di Granarolo dell'Emilia
Le biografie dei partigiani, le schede delle formazioni combattenti e degli eventi della lotta di liberazione

Monumento Ossario ai partigiani nella Certosa di Bologna
Inaugurato il 31 ottobre 1959, fu voluto dal Giuseppe Dozza,il sindaco della liberazione di Bologna, che lo fece progettare da Piero Bottoni (Milano 1903-1973), esponente di spicco del Razionalismo in Italia, vicino alle posizioni di Le Corbusier.

Il Sacrario dei partigiani in Piazza Nettuno a Bologna
Le biografie dei partigiani ricordati nel monumento, il significato delle lapidi commemorative, gli edifici di Piazza Maggiore

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Ricerca storica eseguita da Daniela Lo Conte in occasione della giornata della donna 2013, esposta nel corso dell'evento del 10 marzo 2013.

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I monumenti ci parlano.

Se ci fermiamo anche solo per un attimo a guardarli ed interrogarli, ci racconteranno di un passato affascinante, che è il nostro.Partendo idealmente da essi, e attraverso di essi , il portale "Storia e Memoria di Bologna” dà voce ai protagonisti maggiori e minori della storia: i caduti bolognesi che persero la vita nella Grande Guerra e nella Resistenza, le vittime della strage di Monte Sole, i nostri predecessori illustri o sconosciuti che riposano al Cimitero Monumentale della Certosa ed altri ancora che andremo ad individuare seguendo una progettualità mai conclusa.I nomi dei protagonisti diverranno via via volti, immagini, storie che si intrecciano, fino a disegnare i contorni di un mondo che un po' ci appartiene, perché è quello da cui proveniamo.I diversi database contenenti le informazioni sulle biografie, gli eventi, i luoghi, i monumenti e le opere, sono organizzati in scenari tematici, che rappresentano i “capitoli” di questo grande libro della memoria bolognese.

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